Libri belli e libri brutti
Tracciare una linea di confine tra “libri belli” e “libri brutti” è innanzitutto una questione di gusti e sensibilit.
Al di là della predilezione per un genere letterario piuttosto che un altro, un libro ha la facoltà di appassionarci, lasciarci indifferenti, farci riflettere, sognare, annoiarci… segnare la nostra vita. A ciascuno il suo effetto.
E molto dipende dal nostro stato d’animo e anche dal periodo in cui leggiamo certi libri: mi è capitato di amare in adolescenza romanzi che, riletti da adulto, ho trovato noiosi o banali. Oppure hanno confermato la loro bellezza.
Col tempo ho cominciato a valutarli anche dal punto di vista della scrittura, oltre che del contenuto. Un cambiamento di prospettiva che, almeno nel mio caso, non ha modificato il giudizio. Per quanto bene possa essere scritto (con ritmo, fluidità, bell’italiano eccetera), se un libro manca di un plot narrativo scomodo o originale, è destinato a rimanere carta rilegata.
Discutibile o meno il tema trattato, magari scritto non benissimo, se la trama funziona, il romanzo è destinato a vedere la luce.
Avviso ai naviganti
Ho già premesso che il confine tra libri brutti e libri belli è questione di gusto personale. Quelli che elenco qui di seguito, tuttavia, nel bene e nel male sono un esempio per chi vuole cimentarsi nella scrittura. Faccio mio il punto di vista di William Faulkner (La lunga estate calda), secondo il quale chi vuole diventare scrittore deve leggere di tutto: dai capolavori alla robaccia. Un monito, per imparare cosa/come fare o non fare… Insomma, a parer suo tutto concorre all’apprendimento. E aveva ragione.
Libri brutti
Cento sfumature di grigio
le tematiche sessuali (qui siamo nel campo dello pseudo-erotismo) non mi appassionano. Personalmente trovo “vecchie” le dinamiche e le modalità erotiche descritte in questo libro, per me, figlio della generazione che certe cose le ha conosciute tramite le vicende del Marchese De Sade e di Sacher-Masoch, dai quali discendono i termini sadismo e masochismo, purtroppo sconosciute ai giovani lettori di oggi . Banale lo stile narrativo, piatte e forzate le battute, scontata la sequenza delle scene sadomaso, che si susseguono più o meno uguali. Soprattutto deludente nella fasi di sesso estremo, dove ci si aspetterebbe una narrazione coinvolgente e scioccante e che invece si rivela fiacca a ripetitiva. Tuttavia il romanzo ha un congegno (per quanto discutibile) che funziona: la centrifuga di erotismo e complessità sentimentali, mista a un pizzico di “sindrome di Stoccolma”, è efficace, resa “contemporanea”, per cui cattura. Soprattutto i giovani e chi con l’erotismo hard non ha molta dimestichezza (teorica o pratica) ma pure ne è incuriosito e attratto…
Tre metri sopra il cielo
polpettone melenso, sdolcinato, pieno zeppo di luoghi comuni, di stereotipi insopportabili e massime baciperuginesche… Eppure. La bravura di Federico Moccia è stata innanzitutto quella di aver saputo individuare con la precisione di un cecchino, la fascia di pubblico da colpire: gli adolescenti, la “generazione dei lucchetti”. Che lo ha osannato, ci si è identificata e ha creato code chilometriche di giovani (e mamme) esaltati fuori dalle librerie e dalle sale cinematografiche. In secondo luogo (e questo a Moccia va riconosciuto come splendido esempio), non ha mollato fino a quando il libro non è finito sul tavolo giusto, dopo averlo prodotto di tasca sua in formato economico e distribuito personalmente nelle librerie. Chapeau!
Il diario di Bridget Jones
storia di una sfigata e goffa trentenne che alla fine ce la fa. In che cosa? A trovare l’amore! Come? Ovviamente grazie alla formula magica che tutti i maschi di questo pianeta adottano con una donna e che ogni donna riceve puntualmente dal proprio spasimante: “Mi piaci così come sei”. Bingo! Helen Fielding trasforma in realtà quello che tutte le ragazze sospirano e sperano di sentirsi dire da sempre.
Ed è questo che ha fatto fare il botto al libro, tanto da dare vita a un genere letterario battezzato chick lit (letteratura per ragazze). “Mi piaci così come sei” è il magnete che ha incollato alla pagine milioni di lettrici sognanti, a ubriacarsi di una vicenda antifemminista (se sei brutta e goffa sei out) che sicuramente non privilegia la materia grigia.
Peggio ancora: parte dall’assunto che le brutte e goffe non abbiano una personalità, una spina dorsale. Bridget è un déjà-vu, fanalino di coda di quel genere di commedie di cui sullo schermo fu insuperabile interprete Barbra Streisand, che seppe sfruttare la sua non smaccata bellezza per dare vita a vicende esilaranti. Ma con quanta sottile e femminile intelligenza! Da lei in poi si è creata una lunga cordata di Cenerentole contemporanee, che alla fine non si capisce se ce la fanno perché hanno almeno due neuroni funzionanti o solo un gran culo. Tuttavia, la tematica funziona ancora…
Nota di riflessione
Che cos’hanno in comune questi primi tre libri?
Nella loro apparente diversità nascono da uno studio ragionato del target di riferimento e dei suoi bisogni. L’amore, in stile “tempo delle mele” degli adolescenti; il sesso estremo, raccontato come sfida individuale e reso manifesto, seducente come può esserlo la violenza; il riscatto dallo spettro di rimanere zitella delle donne bruttine e imbranate. Provate a immaginare quanti individui sparsi per il pianeta appartengono a ciascun gruppo e quanta probabilità c’è di farne abboccare parecchi per avere vendite da milioni di copie. Strategia marketing pura e semplice.
Storie di ordinaria follia
Anche il grande Bukowski incappa in un libro brutto (anno 1972), con un successo decretato dalla trasposizione cinematografica (1981), dove tutto è spinto all’eccesso: una esplosione di sesso esibito, erezioni/eiaculazioni, alcol, sporcizia, linguaggio scurrile, insomma il trionfo della volgarità e dei vizi dell’età moderna, da sempre aspramente criticata dall’autore, che pure vi cade vittima. Quarantadue racconti il cui unico effetto è quello di sollecitare una recondita “pruderie”, o, a seconda, un senso di nausea, che non porta ad alcuna riflessione. Eppure ha sbancato.
Madame Bovary
Cinque anni gli ci vollero a Flaubert per scrivere quello che viene annoverato tra i capolavori della letteratura francese e che io trovo uno dei più noiosi romanzi che fui costretto a leggere al liceo. E che ritrovai altrettanto noioso (e lasciato a metà) quando lo rilessi in età matura. Riconosco che è un libro figlio della sua epoca e immagino lo scalpore che fecero le scappatelle di Emma Bovary alla sua uscita. Tuttavia lo trovo pesante, lezioso, con descrizioni lente e lunghe (i positivisti, si sa…), e poco mi appassiona la sua morale.
Libri belli
Per i libri belli ho scelto tra vari generi che fanno da “modello” per chi vuole cimentarsi nella scrittura.
Quando Teresa si arrabbiò con Dio
Alejandro Jodorowsky è uno dei massimi esponenti del realismo magico (insieme a Márquez, Isabelle Allende, Borges, Dino Buzzati…), la corrente letteraria che mescola realtà con elementi magici, appunto. In questo romanzo, che traccia una sorta di autobiografia che parte dagli antenati dell’autore, Jodorowsky attinge alla tradizione ebraica e alle leggende e tradizioni dell’America Latina, plasmando un romanzo surreale, dove gli elementi immaginifici si fondono perfettamente nella realt, tanto da divenire plausibili. Il tutto scritto in un linguaggio morbido e semplice, con una scorrevolezza che inchioda gli occhi alle pagine. Una via di mezzo tra autobiografia e fiaba, con una magnifica descrizione dei personaggi e soprattutto dell’atmosfera e delle ambientazioni.
Il mio nome è rosso
Ambientato nel mondo dei miniaturisti del XVI secolo che lavorano per il sultano Murad III, è a tutti gli effetti un poliziesco che Orhan Pamuk dipinge in maniera complessa, impregnandola del fascino d’Oriente e affidandone la narrazione a una dozzina di personaggi che parlano da altrettanti punti di vista. Giallo e intrigo amoroso si intrecciano in armoniosa sinuosità, fino alla scoperta di una verità che giunge fino alla madre di Pamuk, che poi la metterà per iscritto. Ma anche libro storico, che offre uno scorcio sulla cultura del periodo e del luogo e la frizione tra modernità e tradizione. Ottimo libro per chi vuole cimentarsi sia nel romanzo storico sia autobiografico.
Mattatoio N. 5
il libro prima e il film dopo, hanno consacrato Kurt Vonnegut come uno dei migliori autori di romanzi contro la guerra e del pacifismo. Vonnegut si avvale della fantascienza per creare le vicende del protagonista che vive contemporaneamente la propria esperienza di prigioniero di guerra (effettivamente vissuta dallo scrittore) e quella di un uomo maturo costretto dagli alieni a vivere su un altro pianeta. Ed è proprio per bocca del protagonista che perverrà all’umanità il messaggio di desistere da ogni guerra onde salvarsi dall’autodistruzione. Vonnegut ci ha lasciato anche un prezioso consiglio personale sulla scrittura di un romanzo: “Inizia il più vicino possibile alla fine. Sii sadico. Non importa quanto dolci e innocenti siano i tuoi personaggi principali, fa’ che accadano loro cose tremende così che il lettore possa vedere di che stoffa sono fatti.” Mattatoio N. 5 segue esattamente questo pentagramma, e viaggia con passione tra realtà e fantascienza per raggiungere un traguardo che è fonte di grande insegnamento.
Creatura di sabbia
Come Pamuk e molti altri scrittori di cultura araba, anche Tahar Ben Jelloun attinge alle tradizioni della sua terra per consegnarci una narrazione ricca di fascino a di mistero. Scrittura polifonica (tradizione araba mista a narrativa moderna) e stile eclettico raffinato, sono i due caratteri distintivi dell’autore, che narra con linguaggio semplice e coinvolgente, prendendo come protagonisti i folli, gli emarginati, i diversi, gli esclusi. E proprio un “diverso” è il protagonista di Creatura di sabbia, la cui identità inventata scatena drammi interiori narrati tuttavia con la morbidezza della seta.
L’opera al nero
La vasta cultura classica e storica ha permesso a Marguerite Yourcenar di scolpire uno dei più bei romanzi storici del secolo scorso. Per gli amanti del genere, e per chi vuole cimentarsi in questo genere di narrativa, L’opera al nero è un manuale esaustivo. Il protagonista è il perfetto portavoce della sua epoca e dei fatti che parallelamente avvengono nell’Europa del XVI secolo, tra guerre, scienza, censura, inquisizione, politica e pensiero filosofico. Più ancora, è efficace il modo di pensare del protagonista, una istantanea sul pensiero rivoluzionario dell’uomo erudito figlio della sua epoca.