Dieci autori importantissimi per il romanzo d’avventora
Il romanzo d’avventura ha una storia antichissima che non ha mai conosciuto declini. Sorvolando sui primi scritti epico/mitologici della Mesopotamia, è sicuramente OMERO e la sua avventurosa Odissea il primo che va citato.
Tuttavia, il romanzo d’avventura moderno nasce ufficialmente nel 1700 con Daniel Defoe e il suo Robison Crusoe. Da allora si è succeduta una catena ininterrotta di autori di successo: Jack London, Giulio Verne, Emilio Salgari, Michael Crichton, Wilbur Smith, Ken Follett, tanto per citarne alcuni, fino al gettonato Dan Brown con Il Codice Da Vinci…Tutti autori che hanno messo nero su bianco i due ingredienti fondamentali per la scrittura di un romanzo d’avventura: una fervida immaginazione e un accurato studio di documenti.
Omero
Parlare di Omero è parlare dell’Odissea, che, per quanto poema epico, può essere considerato il “nonno” del romanzo d’avventura, o quanto meno l’opera che ne prepara le basi. Scritto in un misto tra dialetto ionico e eolico (alcuni studiosi l’hanno definita “lingua artificiale”), racconta le peripezie di Ulisse per il suo ritorno a Itaca, per le quali l’autore usa appunto l’esametro epico, fornendoci un accurato cesello dei personaggi, un ampio ventaglio di popoli e aree geografiche, personaggi straordinari e un’articolata successione di vicende in diversi archi temporali. E, tipico di Omero, un abbondante uso delle metafore e similitudini, tratte dalla osservazione della vita quotidiana.
Quanto al protagonista, Ulisse, per le sue peripezie (sotto le mura di Troia prima e durante il suo ritorno a Itaca poi), per le terre e i popoli incontrati e per la specificità del suo carattere poliedrico (curioso, coraggioso, ingannatore, geniale, seduttore, astuto, romantico…) incarna in pieno l’archetipo del protagonista di questo genere di letteratura, con il quale è facile identificarsi o in cui immedesimarsi. E, soprattutto, da cui trarre spunto…
Daniel Defoe
È l’autore del celebre Robinson Crusoe, che può essere considerato il primo romanzo d’avventura moderno. La storia del marinaio inglese, naufrago su un’isola deserta dove rimarrà per ventotto anni, è un susseguirsi di situazioni in cui il protagonista metterà alla prova le sue capacità di adattamento all’ambiente. Quella di Defoe è una forma di romanzo in prosa, dove la figura di un singolo personaggio o di un gruppo di personaggi e del loro destino è al centro della vicenda, dove vanno rispettati determinati criteri di coerenza e verosimiglianza.
La vicenda è narrata direttamente dal protagonista, con l’utilizzo del discorso diretto. Il ritmo è decisamente equilibrato, grazie all’uso di una sintassi semplice e lineare nella costruzione. Sebbene vi fossero già precedenti anche importanti (per esempio il Don Chisciotte di Cervantes), Defoe fu a tutti gli effetti il primo a utilizzare questa forma letteraria in modo sistematico.
Giulio Verne
A pieno diritto si è guadagnato da parte del pubblico e di molti scrittori il titolo di inventore della fantascienza e padre della letteratura per ragazzi. Autore visionario, immerso nell’innovazione tecnologica e dotato della capacità di “predire il futuro”, il creatore di Viaggio al centro della Terra e Il giro del mondo in 80 giorni (tanto per citare solo due dei suoi romanzi replicati dal cinema dal 1902 al 2012!), Verne ha uno stile di scrittura assai fluido, coinvolgente, dinamico (proprio come le invenzioni della sua epoca), dove gli elementi dell’avventura si mescolano a quelli più romantici, sullo sfondo di un contesto tecnologico molto aggiornato per la sua epoca e soprattutto futuribile: si pensi ai viaggi a bordo del sommergibile Nautilus del comandante Nemo. Oppure alle navicelle sulla luna, le capitali sovrappopolate, il telefono, le guerre batteriologiche e le videoconferenze.
D’altronde, va riconosciuto a Verne di aver saputo interpretare al meglio lo spirito della futura science fiction, trovando una perfetta sintesi tra esaltazione delle conquiste dell’ingegno umano e le fantasiose, possibili evoluzioni che il domani ci avrebbe riservato.
Emilio Salgari
Ha incarnato in pieno il concetto di fantasia in azione. Pur avendo viaggiato pochissimo, e certamente non nei luoghi dove ha ambientato i suoi racconti, Salgari fu un accanito lettore di resoconti di viaggi altrui e saggi antropologici, etnografici, geografici e altro ancora, tutta documentazione che usava come base per creare luoghi e i personaggi. Ma non era solo questo: sapeva immaginare come pochi altri. Credeva ciecamente nelle sue capacità creative: forte intuito narrativo, ritmo, evocazione riuscita di atmosfere esotiche, colori, suggestioni, e suoni che conferiscono alla sua narrativa una tensione che incolla il lettore alle pagine.
Salgari scrisse le sue opere nel periodo dell’imperante colonialismo e seppe trasmettere ai suoi lettori (uomini, donne, giovani, vecchi, appartenenti a qualsiasi classe sociale) i profumi, i suoni, i colori e tutto il fascino delle terre lontane, saziando la loro curiosità. Salgari potrebbe a buon diritto essere paragonato a un compositore musicale o a un architetto, capace di dare movimento, struttura e armonia a ogni singolo capitolo.
Jack London
Esponente del realismo americano, Jack London presenta uno stile caratterizzato da una scrittura naturalista assai descrittiva e diretta. Un espediente letterario che gli consente di trasportare il lettore nelle ambientazioni naturali dei suoi racconti, immergendoli in un mondo semplice, spartano e molto diverso dalla nostra realtà sociale. Da evidenziare anche la capacità di narrare la storia dal punto di vista di un animale (si pensi a Zanna bianca o a Il richiamo della foresta), dando in questo modo la possibilità al lettore di sperimentare una prospettiva del tutto differente da quella usuale.
I suoi romanzi sono avventurosi e talvolta nascono da esperienze autobiografiche, visto che oltre alla passione per la scrittura Jack London aveva anche quella della vita errabonda e si lasciava alle spalle un ricco bagaglio maturato negli anni in cui fece i lavori più disparati: dallo strillone di giornali al pescatore di frodo di ostriche, dal cacciatore di foche al corrispondente di guerra, al cercatore d’oro.
Edgar Rice Burrooughs
È il portabandiera dei cosiddetti autori commerciali. Lui stesso ebbe modo di confessare che ciò che muoveva la sua scrittura erano i soldi e che non faceva altro che dare al suo pubblico quello che il suo pubblico voleva: avventura, spesso violenta, e sesso. Con uno stile non particolarmente raffinato, Burroughs si lascia andare facilmente agli stereotipi: le donne sono belle e provocanti, normalmente minacciate da mostri terribili, mentre gli eroi, altrettanto belli e muscolosi (si pensi a Tarzan, il suo capolavoro), bramano di possederle, ma non attentano mai alla loro virtù. La prosa dello scrittore è spesso molto elementare: poche parole che sembrano “dichiarate” più che scritte.
Burroughs, insomma, non è mai stato un fine scrittore, ma gli si deve riconoscere un’inventiva unica, una considerevole capacità visionaria che si traduce in situazioni e colpi di scena a ripetizione. Sapeva stimolare quel senso di meraviglia, di stupore nel lettore della sua epoca tanto desideroso di evasione ed emozioni. Raramente uno scrittore ha dimostrato tanta vitalità immaginativa, non tanto nella creazione di personaggi memorabili o società complesse, quanto l’abilità di popolare paesaggi immaginari e di dare una grande forza a questa sua inventiva, in alcuni casi davvero sfrenata.
Micheal Chrichton
Quanto più conosci le cose di cui vuoi scrivere, tanto più saranno verosimiglianti e credibili. È questo il mantra di base delle narrazioni di Crichton, in grado di ricreare sulla pagina condizioni di massima plausibilità. Quasi tutti i suoi romanzi sono scanditi da indicazioni temporali del tipo “primo giorno” e via di seguito, fino al termine della vicenda. Inoltre, per rafforzare l’impressione di autenticità, e a seconda della tematica, lo scrittore inserisce nei suoi romanzi singolari illustrazioni, grafici, tabelle, diagrammi, trascrizioni di test e analisi cliniche. Il secondo elemento essenziale che cattura e coinvolge il lettore è la corsa contro il tempo, dove la missione da compiere o le cose da fare devono avvenire assolutamente entro un determinato periodo, altrimenti le conseguenze saranno incalcolabili.
In Jurassic Park, per esempio, sceglie per ogni parte del romanzo figure geometriche non misurabili con gli strumenti tradizionali, che rappresentano appunto l’imprevedibilità di quello che può succedere quando si manipola la genetica per ricreare i grandi rettili estinti. Tratto distintivo di Crichton, è l’estrema semplicità di scrittura e la tendenza a ridurre al minimo gli interventi quando la parola passa da un personaggio all’altro, ricorrendo a immagini suggestive che i lettori possono facilmente visualizzare.
Wilbur Smith
Scrivi ciò che conosci. È questa la chiave del successo di Wilbur Smith, nato nello Zambia e profondo conoscitore dell’Africa, terra dove ha ambientato la maggior parte dei suoi romanzi d’avventura, in un arco di tempo che va dal Cinquecento del secolo scorso in poi, con le tradizioni, le figure, la mentalità, la cultura, gli stili di vita e gli ambienti del continente che lo ha visto nascere e formarsi. I suoi sono ampi scenari narrativi, gli stessi che resero grande a suo tempo Emilio Salgari.
Come lui, Smith crea cicli narrativi, fra i quali quello predominante è senza dubbio i Courtney, cui seguono quello dei Ballantyne e infine dell’antico Egitto. La sua è una scrittura vivida, caratterizzata da descrizioni dettagliate di paesaggi, architetture e personaggi. Nella struttura del romanzo, Smith pone sempre molta attenzione alla parte iniziale, quella dove si cattura l’attenzione del lettore, quella che dà la nota all’intera narrazione.
È in questo punto che lo scrittore dipinge con precisione il protagonista, che è il veicolo della storia, e le sue caratteristiche. Qui imposta il tema e il tempo della narrazione e stabilisce l’atmosfera che avrà il romanzo. Senza dire subito tutto: l’autore crea interrogativi senza dare risposte, che centellina più avanti nella storia.
Joanne Rowling
Si sa che quando scrivi per un pubblico molto giovane, la scrittura deve essere semplice e immediata. Soprattutto quando si affronta il mondo dell’avventura, intriso di mistero, suspense e un pizzico di horror. È la formula che caratterizza lo stile narrativo della “mamma” di Harry Potter. Ma non è solo questo. La genialità della Rowling sta nell’aver saputo miscelare con estrema sapienza mondo classico, medioevo e le tradizioni e leggende della sua terra, dando vita a una folla di personaggi originali e coinvolgenti, perfettamente contestualizzati in una Inghilterra del giorno d’oggi (come dire: maghi e streghe esistono ancora e sono in mezzo a noi).
Rowling è la creatrice di una “fiaba metropolitana”, il cui clima ricorda certi romanzi del suo conterraneo Charles Dickens, con situazioni tetre che rimandano a Edgar Allan Poe, e mette in campo filtri, strumenti magici, pozioni e riti medievali, avvalendosi di passaggi narrativi concatenati con precisione, sempre sul filo della suspense, come richiede il vero genere avventuroso. Sono gli ingredienti il punto vincente del romanzi della Rowling, sapientemente miscelati per dare vita ad avventure mozzafiato che hanno incantato non solo il pubblico giovanissimo.
Dan Brown
Di certo le sue storie si sviluppano seguendo un ritmo veloce e incalzante e si snodano lungo codici incomprensibili, luoghi oscuri e simboli segreti. Forse è proprio per questo che le sue vicende appassionano il lettore e lo avvinghiano fino all’ultima pagina. I romanzi di Dan Brown sono capolavori di suspense che si leggono tutto d’un fiato e non gli si può negare che abbia grandi doti nella strutturazione delle storie e nella creazione di plot più che avvincenti, che alcuni anno definito “polpettoni letterari”, che tuttavia ottengono incassi editoriali tra i più alti del pianeta. È anche vero che spesso il plot della storia, che sembra forte e potente, è in realtà piuttosto debole: lo scrittore gioca molto sugli effetti speciali, sui frammenti di interessanti riferimenti o ritrovamenti storici, riuscendo tuttavia a mettere in campo una tale dose immaginativa e narrativa che alla fine gli rende giustizia.
Come scrittore ha fatto la precisa scelta di confezionare libri in perfetto stile “yankee”, dove spesso il meccanismo principale è quello di farti entrare nel libro e coinvolgerti al punto di sentirti parte integrante di esso. Immaginazione sì ma anche accurata lettura di documenti, a volte discutibili e su cui gli accademici dissentono, che Dan Brown riesce a spacciare per veri o verosimili creando un mondo parallelo alla realtà dove tutto può succedere.